Sai davvero quanto “pesa” il rapporto fra informatica e impatto ambientale?
Questa diffusione massiccia di tecnologia ha generato una serie di conseguenze ambientali, con un’impronta ecologica significativa.
L’impatto ambientali dell’informatizzazione dei sistemi
Vediamo insieme alcune delle macro-ricadute in termini di impatto ambientale della trasformazione digitale.
Consumo energetico:
Uno dei principali impatti ambientali dell’informatizzazione è il suo elevato consumo energetico. I data center, che ospitano server e infrastrutture di rete, richiedono enormi quantità di elettricità per alimentare e raffreddare le apparecchiature. Questo consumo energetico spesso deriva ancora da fonti non rinnovabili, come il carbone e il gas naturale, contribuendo così alle emissioni di gas serra e al cambiamento climatico. In questo senso molti data center (principalmente europei e nazionali) stanno investendo nell’utilizzo di energie rinnovabili (come il solare) attrezzando le proprie infrastrutture in tal senso.
Produzione di rifiuti elettronici:
Un altro impatto negativo è la produzione di rifiuti elettronici.
Non è solo un problema di obsolescenza, ma anche di richiesta di sempre maggiore capacità di calcolo (aumentata esponenzialmente dall’avvento delle AI). Parasossalmente, persino la sostituzione di apparati e sistemi in ottica di maggiore risparmio energetico ha una ricaduta fortemente negativa: si genera una quantità enorme di rifiuti elettronici che spesso finiscono in discariche o vengono smaltiti in modo non corretto, causando inquinamento del suolo e dell’acqua. DEL MONDO.

L’impegno verso il massimo recupero delle materie prime derivanti dai rifiuti elettronici deve diventare una priorità perché questa immondizia non può semplicemente essere “abbandonata” da qualche parte sperando che magicamente sparisca, come sta drammaticamente accadendo in Ghana (qui un articolo di Geopop di approfondimento).
Eccessivo sfruttamento delle risorse:
L’informatizzazione dei sistemi può anche portare a un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. La produzione di hardware informatico richiede l’estrazione di materiali preziosi, come metalli rari e terre rare, che possono esaurirsi e portare a problemi ambientali come la deforestazione, la distruzione degli habitat naturali e la perdita di biodiversità.

Giusto per fare un esempio (ma ce ne sarebbero molti altri): il lago Baotou, al confine fra Cina e Mongolia.
Chiamarlo “lago” è un uso improprio del termine: è un invaso in cui sono accumulati liquami di scarto dell’estrazione delle rare. Se Dante avesse potuto vederlo, l’avrebbe di certo usato come fonte d’ispirazione per qualche girone infernale… (qui un articolo di approfondimento)
Inquinamento digitale:
Infine, c’è il problema dell’inquinamento digitale, che si riferisce alla produzione di emissioni di gas serra e altri inquinanti durante il funzionamento dei dispositivi elettronici e dei data center. Questo tipo di inquinamento contribuisce ulteriormente al cambiamento climatico e all’inquinamento dell’aria.
Da non confordersi col concetto di “shittification”, cioè l’abnorme produzione di contenuti web inutili o dannosi (come le fake news o altro). Resta che diffondere o produrre contenuti futili genera a sua volta CO2 e che questa, sì, potrebbe essere davvero evitata.

Senza scomodare i grandi data center, pensa che “otto email emettono tanta anidride carbonica quanto quella prodotta da un’auto che percorre 1 km. E ancora: si calcola che un’azienda con 100 dipendenti che inviano in media 33 messaggi di posta al giorno per circa 220 giorni all’anno, produca all’incirca 13,6 tonnellate di CO2, equivalenti a 13 viaggi andata e ritorno da Parigi a New York.” (fonte: Focus)
Strategie per mitigare gli effetti della relazione fra informatica e impatto ambientale
Dopo la carrellata di disastri e scenari apocalittici su cui abbiamo poco controllo (o così ci sembra), parlare di strategie di mitigazione degli effetti dà la sensazione “di voler mettere un cerotto su una gamba rotta”, ma non è così. Oguno di noi di noi è e deve essere responsabile prima di tutto del proprio impatto: se così fosse, riusciremmo ad ottenere enormi risultati.
1. Efficienza energetica:
Una delle strategie principali per ridurre l’impatto ecologico dell’informatizzazione è migliorare l’efficienza energetica dei dispositivi e delle infrastrutture informatiche. Quindi tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico, come server a basso consumo energetico, sistemi di raffreddamento ad alta efficienza e iniziare a privilegiare fornitori che si impegnano anche nell’utilizzo di energie rinnovabili (e non solo a fare “il prezzo più basso” chiudendo gli occhi sul “prezzo invisibile” che si paga).
2. Ottimizzare il lavoro e il suo svolgimento:
Chiunque possa realisticamente pensare di svolgere la propria attività in modo remotizzato (o quantomeno ibrido) e con sistemi e processi snelli ed efficienti, dovrebbe essere messo in condizione di farlo.
Facciamo come alle elementari: vi metto la traccia di un problema.
Luigi fa una lavoro puramente d’ufficio.
Luigi, se si trovasse nello scenario migliore, per andare in ufficio prenderebbe i mezzi pubblici, ma non puà farlo perché abita in una zona poco servita e/o i mezzi lo costringerebbero ad una trasferta lunga il triplo. Quindi prende l’auto. 50 km tra andata e ritorno.
Luigi arriva in ufficio: è inverno e il riscaldamento è acceso e deve scaldare i molti metri quadri aziendali.
Ma lo è pure a casa sua, anche se al momento dentro non c’è nessuno.
Luigi in ufficio utilizza un PC obsoleto e software vecchi e complicati: impiega molto tempo per svolgere azioni che richiederebbero la metà del tempo se fossero ottimizzate e svolte su sistemi aggiornati.
Nonostante sia in ufficio, Luigi trascorre il 98% del tempo a mandare email, usare il PC in autonomia, effettuare telefonate e fare riunioni attraverso internet/telefono (perché gli altri sono in altre sedi o fuori ufficio o anche solo nella stanza accanto…).
Domanda: qual è l’impatto ambientale del lavoro di Luigi? Come si potrebbe abbassarlo drasticamente con un minimo investimento? Risposta 1: enorme e assurdo. Risposta 2: lavoro remoto/ibrido.
“Eh ma ci guadagna solo lui!”
Errore: meno personale in sede si traduce automaticamente in spese di gestione (affitto, consumo elettrico, spese di riscaldamento/raffrescamento…) più basse. Più piccolo lo spazio, minore la spesa.
Non solo: un dipendente meno stressato dal traffico (e/o da colleghi poco simpatici) lavora meglio e produce di più. E’ un dato di fatto.
3. Investire in tecnologie software a minore impatto:
Si pensa erroneamente che il consumo di un apparato come un PC o un server dipenda unicamente dalle ore di accensione dello stesso. In realtà il tipo di utilizzo incide profondamente sul consumo e le relative emissioni.
Non solo: a partità di “lavoro” svolto, è possibile ottimizzare i consumi dei software.
L’esempio più eclatante è quello dei siti web. Attraverso un attento lavoro di ottimizzazione del sito si può arrivare a ridurre di oltre il 40% l’impatto di CO2 emessa dal suo funzionamento.
Lo stesso discorso vale anche per i software in uso in azienda.
Conclusione: informatica e impatto ambientale possono migliorare la loro relazione
In conclusione, l’informatizzazione dei sistemi ha indubbiamente portato a numerosi benefici in termini di efficienza, produttività e connettività. Tuttavia, è fondamentale considerare anche i suoi impatti ambientali e adottare misure efficaci per mitigare questi effetti negativi.
E’ importante che ognuno di noi si impegni:
– promuovendo una supply chain che dimostra maggiore attenzione e metta in campo comportamenti virtuosi;
– essere noi per primi “un anello virtuoso” di quella stessa catena, introducendo nuovi paradigmi lavorativi e sistemi più efficienti.
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